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Gay & Bisex

Patto di Non Belligeranza 1


di Kainman
22.03.2020    |    3.655    |    2 9.9
"Ormai sebbene per chiamare direttamente usassimo ancora i reciproci Katia e Dino, se li nominavamo tra noi o con gli altri usavamo quei termini..."
Ciao a tutti questo è un racconto in gran parte di fantasia ma spero lo gradiate comunque.

Il mio nome è Edoardo, ma tutti mi chiamano Dadò.
I miei genitori si sono separati quando ero piccolissimo, forse il mio primo anno di vita. I primi anni da quel che so sono stato affidato in congiunta a entrambi, ma quando avevo 4 anni mia madre tornò in sudamerica, in Brasile per l'esattezza, dove abitava prima di conoscere mio padre, e gli assistenti sociali non le permisero di strapparmi a quello che era il mio paese natio, così fui affidato definitivamente a mio padre e lei se ne andò. Preciso che lei era di origini italiane, non brasiliane, quindi io fisicamente sono europeo, anzi, piuttosto nordico di aspetto. I primi tempi aveva ancora qualche contatto, e poi seppi che si creò un'altra famiglia in brasile, e chi l'ha più vista o sentita.
Ma torniamo a noi, io abito con mio padre in una casa di campagna, una cascina con qualche animale per consumo proprio o per piccola vendita, ma non proprio un'azienda. Lui infatti lavora in una fabbrica di pezzi automobilistici a 35 km da casa, era responsabile di reparto quindi faceva spesso più ore di un operaio normale.
Io all'epoca dei fatti avevo 14 anni e avrei iniziato a breve la scuola superiore, un istituto tecnico, forse per seguire le orme di mio padre, anche se in quel momento non ero così sicuro della mia scelta. Dopo pochi mesi, infatti, avrei fatto richiesta di spostamento ad un istituto agrario.
I primi anni dopo della fuga di mia madre, tra i 4 e i 7, io e mio padre rimanemmo da soli a casa. Per un anno circa vennero ad abitare con noi i miei zii, mentre aggiustavano la nuova casa a qualche km da noi, bellissima tra l'altro.
Mio padre frequentava qualche donna ogni tanto, e qualcuna l'avevo anche conosciuta, ma non così a fondo. Poi arrivò Katia più o meno quando avevo 7 anni. In seguito seppi che quando me la presentò come fidanzata era già da molti mesi che stavano insieme. Aveva 3 anni più di lui, prima separata e poi vedova, e aveva un figlio, Samuele, che aveva un anno in più di me, ma fittizio, in quanto io sono di gennaio e lui metà dicembre quindi eravamo più che coetanei.
La relazione con Katia divenne presto seria, e loro erano sovente a casa nostra, spesso il fine settimana. Quasi mai noi da loro perché avendo animali da accudire non potevamo assentarci troppo.
Nell'estate dei nostri 10 anni si sposarono, e si trasferirono definitivamente in cascina, anche se ormai quasi ci vivevano già.
Come molte case di campagna, la nostra era composta di stanze molto grandi, ma non numerose. Samuele ed io, quindi, ovviamente dovemmo dividerci la mia stanza. I nostri genitori promisero che avrebbero poi fatto in modo di dividerla con il tempo, ma alla fine a noi andava bene così, ci tenevamo compagnia volentieri l'un l'altro. Anche lui, come me, aveva un po' sofferto il fatto di essere sempre stato figlio unico.
Samu, così lo chiamavo, in prima media era stato bocciato e quindi eravamo finiti in classe insieme anche se tecnicamente aveva un anno in più. Questo significa che per il periodo delle medie eravamo sempre perennemente insieme, e la cosa non ci disturbava. Ovviamente ognuno aveva i suoi amici fuori e dentro scuola, anche perché lui aveva ancora amicizie di infanzia di dove abitava prima.
Eravamo così legati che a chi non ci conosceva ancora ci presentavamo come fratelli, ed era anche credibile la cosa perché non eravamo molto diversi di aspetto.
Stessa età significa anche stesso periodo di esplosioni ormonali. Come dicevo eravamo molto legati ed aperti uno verso l'altro, e ci raccontavamo pressoché tutto. Scherzavamo sulle nostre prime sensazioni, sui barzotti di entrambi al risveglio la mattina, e, come fanno molti adolescenti, ci eravamo trovati a confrontarceli.
Ovviamente c'era la sempreverde teoria che "Sì è piccolo da molle ma da duro diventa enorme" e allora facemmo in modo di farceli diventare duri per paragonare. Ahimé mi tocca ammettere che sia da molle che da duro all'epoca vinceva sempre Samu.
La sfida si ripeteva di tanto in tanto, e lui continuava ad essere il più dotato. Li mettevamo a confronto anche uno contro l'altro per verificare.
Spesso questa sfida divenne la premessa di una sega comune, a poca distanza uno dall'altro.
Ripeto, ormoni a palla, quindi significa seghe quasi ogni giorno, a volte anche di più. Non le facevamo proprio tutte le volte insieme, ma quasi sempre.
Il tempo passava e fortunatamente anche il mio pisellino diventava accettabile. All'alba dei 15 anni si era sviluppato molto, e anche il suo.
Entrambi eravamo alle superiori, ma in due scuole diverse, lui aveva scelto un istituto professionale.
Le nostre seghe comuni erano diminuite di intensità, non più ogni giorno ma ogni tanto si faceva.
Al nostro gioco di "piselsfida", come la chiamavamo, si era aggiunto la sfida su altre cose, dai muscoli delle braccia e delle gambe, e lì vincevo io, a quelli addominali, alle sfide sportive, giocavamo continuamente. Ma erano sfide senza premio, finiva lì, finché un giorno durante una piselsfida dissi "Certo che sarebbe bello giocarci anche qualcosa nelle sfide che facciamo. Non in questa che so già che ho perso!"
"Tipo? Soldi? " Rispose Samu.
"Soldi? Tu ne hai? Se ne hai devo parlare un attimino a mamma e papà!" ridemmo entrambi. Ormai sebbene per chiamare direttamente usassimo ancora i reciproci Katia e Dino, se li nominavamo tra noi o con gli altri usavamo quei termini.
"No tranquillo Dadò, non ho un centesimo. E cosa allora? Ci prendiamo a pugni? Visto che hai perso questa sfida, così?"
"Ahia scemo!" urlai perché ,mentre lo diceva mi sferrò un pugno sul braccio "E poi ho detto dalla prossima non questa. Rifallo e ti prendo a pisellate in faccia ahahah"
"Ahahaha! Potremmo far scegliere a quello che perde, se preferisce un pungo o fare una sega all'altro"
"Minchia se dai pugni così preferisco di gran lunga farti venire! ahahaha!" ribattei
"In pratica se dici così, contando che vinco sempre io in pratica non c'è più bisogno che mi seghi da solo, lo fai sempre tu!" e dicendo questo mi tirò un altro pungo.
"Stronzo, ti avevo avvertito" esclamai incazzato. Eravamo entrambi seduti sul suo letto mentre ci segavamo, mi alzai e di colpo lo schiaffeggiai con il mio pisello in faccia.
Scoppiò a ridere come un cretino, e io a ruota. Continuammo con la nostra sega fino alla fine, e a seguire stabilimmo i patti.
Lo chiamammo "il patto di Non Belligeranza" perché era la nostra piccola guerra. Ad ogni sfida che ci dichiaravamo il perdente doveva scegliere tra sega all'altro o pugno, oppure dare altre possibilità che il vincitore poteva accettare a sua discrezione.
Prima sfida due giorni più tardi. Ritrovo al campo con i nostri amici comuni, partita a basket. Volutamente ci mettemmo in squadre diverse, e per tutte le partite ci guardammo negli occhi consapevoli del patto. Per soli due punti vinsero il 2 su 3 loro, e lui esultò più degli altri. Ma una volta a casa quando mi disse "Scegli" a sua sorpresa strinsi i denti e dissi "Pugno". Non so se fosse vendicativo a causa dalla scelta oppure solo contento di aver vinto la prima prova, fatto sta che mi diede un pugno così forte sul braccio da lasciarmi un livido. Ma alla fine era dolce con me, e dopo andò a prendere del lasonil in bagno e mi massaggiò il braccio.
Sfida seguente prova di addominali insieme in camera. Chi ne faceva di più di seguito vinceva. Inutile dirlo, persi di nuovo.
"Dai, non te lo do così forte sta volta, dammi l'altro braccio" disse sicuro di cosa avrei scelto.
"No, no, niente pugno" dissi sorridendo. "Menartelo mi può fare solo male moralmente ma fisicamente no" e ridemmo entrambi.
Fu una strana sensazione per tutti e due. Lui non era eccitato in quel momento, anzi, stranamente sembrava più imbarazzato di me "Ma sei sicuro? Puoi anche scegliere altro" mi disse.
"Ahahah e adesso ti imbarazza? Non eri tu quello che "
"Sì ma...vabbe dai fallo" e se lo tirò fuori in mezzo alla stanza, ancora molle"
"Ah devo pure menartelo finché non ti ecciti? ahahah" ma mi presi coraggio, mi misi davanti a lui e iniziai a fare gli stessi movimenti che facevo a me stesso. Nel giro di meno di un minuto si indurì nelle mie mani e per comodità gli passai da dietro.
Dopo qualche minuto di movimenti sembrava che lo stessi facendo bene perché lo sentii ansimare e tirò fuori un fazzoletto dalla tasca.
Istintivamente, quando lo prese, gli strinsi il fianco con l'altra mano e mentre lui teneva il fazzoletto lo feci venire copiosamente sul fazzoletto, più di quanto veniva normalmente.
Buttò il fazzoletto e si buttò sul letto dicendo "Dadò sei bravissimo, ti prego perdi sempre!"
Gli feci il verso e andai a lavarmi le mani. Prima di farlo pensavo che mi avrebbe schifato di più invece era come farlo a me stesso alla fine.
Pochi giorni dopo, in un gioco da tavolo, vinsi io. Lui scelse il pugno e gli feci piuttosto male anche io. Il giorno dopo sfida a basket e vinsi di nuovo. Ma scelse nuovamente la botta.
Fu quando lo battei per la terza volta con gli addominali che mi disse "Ok, ammetto che preferirei il pugno ma con oggi te lo sei meritato. Tira fuori il fringuello!" e fu così che fece lo stesso a me fino a farmi venire. Non fu così tanto piacevole, era un po' brusco nei movimenti. In quel momento non gli dissi nulla ma il giorno dopo glielo feci notare, e disse "Ma io te l'ho fatta come me la faccio io" replicò
"Eh infatti...tu sei più secco nei movimenti. Non ti è piaciuta la mia?"
"Sì, molto. La prossima provo a farmela più con calma"
"Falla adesso così ti faccio vedere" e mi misi nel suo letto tirandoglielo fuori
"Ah ma così gratutita senza sfida?" disse ridendo
"Ma anche no! ti faccio solo vedere no? Poi ti fai tu" risposi schiaffeggiandolo
Iniziai a muoverglielo piano finché si indurì, in brevissimo tempo. Iniziai quindi a segarlo dolcemente, dall'alto al basso alternando velocità diverse, poi dissi "Dai prova"
Quindi provò lui ma andava di nuovo più secco. "Ma no! Ok, aspetta" Dissi tirando fuori anche il mio, che in breve si indurì. "Segui me" E iniziò a fare i miei stessi movimenti. "Oh finalmente, così bravo, visto che è più piacevole? Quindi prossima sfida fammela anche a me così"
"Fammi provare adesso" rispose, ed iniziò a segarmi piano come facevo io "Così?"
"Sì bravo! Così è più bello no?"
"Senti ma a sto punto continuiamo reciproco adesso" ribatté.
Non replicai e ci finimmo in modo reciproco quel giorno venendo entrambi a distanza di secondi su dei fazzoletti.
Da quel giorno le nostre sfide ripresero, a volte si decideva botte a volte sega, ma ogni tanto ci segavamo entrambi a vicenda senza sfide.
Dopo qualche tempo un giorno gli dissi "Pensa che sarà da due settimane che non mi sego io. Tra le sfide e le volte che lo facciamo l'un l'altro sono a posto"
"Beh potrebbe essere un'abitudine da fare ormai"
"In che senso?" non capii
"Nel senso che anche senza sfide, quando uno ha voglia chiede all'altro di fargliela, anche non reciproca. Nel senso magari io ho voglia ma tu sei a posto pero ti chiedo di farmela, o viceversa"
"Ah beh, si potrebbe anche fare. Tanto ormai anche le sfide hanno perso di gusto, non mi fa più ne caldo ne freddo segarti quindi non è una punizione"
"Alziamo la posta allora" rispose dopo un minuto di pensieri
"La posta?Ciòè?"
"Cioè facciamo sfide con punizioni più severe, non è punizione segarmi? Allora se perdi me lo ciucci!" si spiegò, tra la risata e l'entusiasmo"
"Ue ue piano... forse preferisco ancora un bugno a una pompa da fare io!"
"Tre pugni. Alziamo la posta quindi tre pugni!" era fuori di se. Non so se si eccitava più al pensiero di ricevere una pompa o tirarmi tre pugni
"Ma tu sei fuori ahahahha però ok. E vale ancora l'alternativa a scelta."
"Ci stò! Ma non la prima volta, la prima o pompa o tre pugni" e firmammo con una stretta di mano il nostro patto.
Prima sfida quattro giorni più tardi. Organizzammo una corsa con i nostri amici al centro sportivo. Corsa di resistenza, e chi dei due di noi avesse superato l'altro avrebbe vinto.
La corsa era un'abilità in cui eccellevamo entrambi, quindi fu una gara davvero competitiva.
Ma nell'ultimo giro diedi il mio massimo e lo staccai di parecchio. Vinsi non solo su di lui ma anche su tutti 10 i partecipanti.
Quando lo rividi a fine corsa aveva la faccia stremata e rossa, non solo per la fatica.
A cena i miei mi videro con un bel sorriso al contrario di lui, e spiegammo loro la mia vittoria schiacciante.
Poi andammo in camera nostra, e iniziai ridendo a sgranchirmi le braccia perché dovevo dare il massimo in quei pugni.

Continua.....
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